Intercultura e solidarietà – Umanità in viaggio

“Intercultura e solidarietà – Umanità in viaggio”: il nome di questo progetto ne veicola immediatamente il tema – i fenomeni migratori – e i valori – accoglienza, comprensione, integrazione. Attraverso le testimonianze di due migranti anche i nostri ragazzi della classe 3^ Secondaria hanno potuto viaggiare da terre lontane fino a qui, diventando partecipi di storie incredibili, dolorose, ma cariche di speranza.
Vi spieghiamo in questo articolo le emozioni e il coinvolgimento suscitati da questo progetto… tenetevi forte, perché il cuore vi batterà a mille e il finale sarà un’autentica sorpresa!
Dall’8 al 10 marzo, per due ore al giorno, gli alunni della classe 3^ Secondaria hanno ospitato le associazioni InTerrAgire, Osservatorio per i Diritti dei migranti di Como e Intesa Sociale, tre realtà locali che si occupano di accoglienza, assistenza e integrazione dei migranti.
La pedagogista Ersilia Foriglio e l’avvocata Serena Arrighi hanno guidato gli alunni nei meandri di dati quantitativi e di termini giuridici che spesso i media ci propinano in modo improprio. Abbiamo imparato, ad esempio, le differenze tra rifugiato e profugo; abbiamo scoperto che il cambiamento climatico è diventato uno dei principali motori delle migrazioni; abbiamo appreso qual è il percorso di richiesta di asilo per chi arriva in Italia e tanto altro, andando a scardinare molti pregiudizi e luoghi comuni.
Una volta preparata a dovere, la classe ha avuto la possibilità di incontrare M. e S., originari del Senegal e dell’Afghanistan, che ci hanno affidato i loro racconti, i loro ricordi, i loro sogni. Due vissuti molto differenti, con qualcosa in comune: entrambi, al momento dell’incontro con noi, erano in attesa di risposta circa la domanda di protezione internazionale. Nulla di strano: spesso l’attesa dura anni, i rigetti sono molti, i ricorsi all’ordine del giorno.
State aspettando il colpo di scena? Eccolo! L’approvazione della richiesta di asilo di S. è arrivata proprio durante l’incontro con noi. Ma non solo: gli alunni, su proposta delle Associazioni coinvolte, hanno avuto l’onore di comunicargli la notizia tanto sperata e di fargli firmare i documenti di approvazione della sua domanda! Nel corso del terzo ed ultimo incontro S., ignaro di tutto, ha osservato il cartellone riguardante la sua storia realizzato dai ragazzi. Le prime lacrime sono sgorgate immediatamente: il titolo dell’opera (“Still a hero”), in contrapposizione alle parole con cui lui stesso si era definito (“from hero to zero”) ha commosso tutti. Ad un tratto, però, i ragazzi hanno “aperto una finestrella” sul loro cartellone ed hanno svelato l’incredibile novità: “Status: refugee”! Un lunghissimo applauso ha accompagnato questo momento delicatissimo, ma colmo di gioia, una vera festa. S., ora, potrà stare in Italia per almeno 5 anni, ma soprattutto potrà chiedere che sia portata qui la sua famiglia, che è ovviamente il suo primo pensiero.
Questo percorso e le particolari circostanze che lo hanno caratterizzato sono state fonte di entusiasmo, coinvolgimento e profonde riflessioni per gli alunni. Incontri intensi, a tratti dolorosi; ma nulla ha potuto scalfire la gioia che solo la reale condivisione, l’empatia e lo stare insieme possono dare.
Vi lasciamo con alcune immagini dei nostri ragazzi: li vedrete intenti nell’intervistare i migranti, nell’ascoltare gli operatori e i mediatori, nel realizzare i cartelloni dedicati a M. e S., nell’augurare a S. una felice permanenza in Italia e a M. di trovare la felicità ovunque egli desideri.
Condividiamo con voi anche le considerazioni e le riflessioni scaturite dai ragazzi in seguito al percorso.
Un enorme ringraziamento va alle Associazioni che ci hanno dedicato tempo ed energie con la massima competenza e professionalità, senza tralasciare il lato più umano, che è punto di partenza e di arrivo del loro operare… proprio come lo è quello della scuola.
Progetto Intercultura e Solidarietà – Umanità in viaggio a.s. 2021/22
Riflessioni, impressioni e considerazioni degli alunni della classe 3^ media
Martina P.: “Abbiamo fatto tesoro delle loro storie e ci siamo fatti carico delle loro paure e preoccupazioni” “Molti erano gli sguardi incerti e tristi che ho visto sul suo volto, ma quelli che più mi sono rimasti impressi sono gli sguardi luminosi e sorridenti che ci donava. Mi hanno trasmesso la felicità di essere lì dove si trovava in quel momento e la speranza di una nuova vita”
Giada E.: “Mi ha colpito vedere la fiducia che i migranti riponevano in noi, decidendo di aprirsi e confidarci cose anche molto dolorose. Un altro aspetto che mi ha colpito sono la disponibilità e la bontà di chi assiste i migranti e lavora con loro. Anche io voglio sentirmi come loro e fare la mia parte”
Martina B.: “Questo progetto ha scardinato un’abitudine che tutti ci portiamo dietro: quella di pensare ai migranti come persone non istruite. Mobashir, ad esempio, ha due lauree e conosce otto lingue” “Mi ha sciolto veramente il cuore il modo in cui Mobashir parlava della sua famiglia e del suo Paese: è stato strano, perché non pensavo volesse parlare dell’Afghanistan così apertamente, ma anche bellissimo, e non riesco nemmeno a descrivere perché” “Mi ha colpito il modo di lavorare di chi ha promosso il progetto: tutti si sono mostrati gentilissimi e desiderosi di istruirci e aiutarci”
Enrico C.: “Il percorso mi ha fatto apprendere il significato di alcuni termini e ha chiarito il significato di altri, spesso usati in maniera impropria” “Siamo stati fortunati ad avere la possibilità di vivere questo progetto”
Gabriele S.: “Moussa ha visto con i suoi occhi il razzismo e la cattiveria dell’uomo. Si capiva che faceva fatica a raccontarlo”
Nicolò G.: “Non riesco neanche a immaginare che brutti momenti abbia vissuto Mobashir, e non so come faceva a raccontarli. Mi ha colpito perché sembrava che avesse voglia e bisogno di farlo”
Matilde R.: “E’ incredibile come un ragazzo che ha passato tutto ciò che ha passato lui abbia ancora la voglia di imparare e un animo gentilissimo”
Nicole S.: “Mi ha commosso vedere quanto Mobashir desideri essere un eroe per i suoi figli”
Maksim V.: “Questi ragazzi hanno avuto tanto coraggio a raccontare cose così personali”
Irene A.: “Dovremmo smetterla di lamentarci di tutto: c’è chi nonostante un passato tremendo non smette di sorridere e di essere contento per ciò che ha” “Il momento che più mi ha fatto emozionare è stato quando Mobashir ha letto il titolo del cartellone dedicato a lui (Still a hero) e si è commosso” “Quando abbiamo realizzato i cartelloni per loro ci siamo impegnati tantissimo, perché pensavamo che meritassero di avere dei bellissimi cartelloni”
Riccardo C.: “Cercherò di informare più persone possibile per smontare ogni pregiudizio” “Quando litigo con mia mamma e la situazione è tesa mi sento male: non posso immaginare, quindi, cos’abbia passato chi si è ritrovato completamente solo!”
Beatrice B.: “Abbiamo chiesto a Mobashir quale fosse il suo sogno e la sua risposta mi è arrivata dritta al cuore, perché non avevo mai sentito di tre generazioni (lui, il padre e il nonno) che hanno lo stesso sogno: la pace nel proprio Paese. Ho pensato anche al covid e ho riflettuto sul fatto che anche se l’Afghanistan è geograficamente lontano, tutti i popoli sono simili e hanno un desiderio comune: che il male sparisca, qualunque esso sia”
Benedetta C.: “Ho ragionato molto sulla forza di queste persone e su quanto siano state coraggiose”
Matilda R.: “Non dobbiamo mai giudicare o parlare male di qualcuno che non conosciamo e di cui non sappiamo cos’ha vissuto” “L’avvocata ci ha raccontato di un ragazzino nero che è salito sul bus e tutti si sono spostati. Mi ha fatto rabbrividire, ho immaginato il ragazzino correre a casa piangendo”
Mattia N.: “E’ stato un momento bellissimo quando abbiamo dichiarato a Mobashir che la sua domanda di asilo è stata accettata. Lui si è commosso e anche io mi sono emozionato”
Riccardo N.: “Ho imparato cos’è l’asilo politico e sono contento che Mobashir, ora, possa portare qui la sua famiglia”
Alessandro M.: “Moussa ha detto che è sempre meglio dimenticare, che il passato è da rimuovere e che si vive in funzione del domani. Mi ha colpito il suo punto di vista perché io ho sempre pensato diversamente, cioè che il passato sia importante per non ripetere gli errori commessi. Le sue esperienze però non sono minimamente paragonabili alle mie e capisco che, dopo tutta la sofferenza vissuta, lui non voglia più rimuginarci. Mi sono reso conto di quanto le esperienze passate plasmino una persona”
Martina E.: “Moussa sostiene di voler dimenticare tutto per ricominciare una vita nuova e che il passato non esiste più. Io penso l’esatto contrario, il passato non va dimenticato, ma solo archiviato; tuttavia devo ringraziarlo per avermi fatto vedere una prospettiva nuova, è bello riuscire a vedere anche l’altra faccia della medaglia” “La prima cosa a cui Mobashir ha pensato è stata la sua famiglia e questo mi ha colmato il cuore di gioia”
Lorenzo C.: “Di Mobashir mi ha colpito la foto della sua famiglia: mi ha dato un po’ di tristezza ma anche un po’ di speranza sul ricongiungimento. Di Moussa mi ha colpito l’incredibile viaggio che ha fatto da solo, io sarei troppo provato e non riuscirei nemmeno a raccontarlo”
Daniel C.: “Mobashir ha detto una cosa su cui sono d’accordo: che il vero eroe è sua moglie, perché da sola, con pochi soldi, senza poter lavorare, è in Afghanistan a prendersi cura dei loro 4 figli” “Quando gli abbiamo detto che la sua domanda di asilo è stata accettata è stato un momento delicato, ma pieno di felicità. Indescrivibile”
Massimo R.: “I pregiudizi ci traggono in inganno; gli stereotipi sono spesso la causa infondata di un razzismo immotivato a cui purtroppo le persone spesso danno ascolto”
Matteo A.: “I migranti conosciuti non avrebbero mai lasciato la loro terra, se non fossero stati costretti. Questo mi ha fatto riflettere”
Nathan P.: “Ho capito quanto le parole abbiano un peso” “Mi ha colpito il modo di agire e lavorare di coloro che assistono i migranti, prestano attenzione davvero ad ogni dettaglio”
Tag:immigrazione, solidarietà